Francesca Sassu

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15-10-2017
SI PUO’ FARE! L'arte sostenibile di Artaruga

Oggi vorrei parlare di Artaruga, un coworking e spazio creativo in pieno centro storico a Cagliari, ai piedi del Castello medievale, nel quartiere di Villanova. Ci sono stata in un pomeriggio di ottobre e la strada è stata breve visto che si trova a pochi metri da casa mia, in Via San Giovanni 44.

In realtà l’edificio presenta anche un altro ingresso, sulla coloratissima via San Saturnino, dal quale si accede a un bellissimo cortile con alberi di limone, aiuole, muretti, divani e sedie sparse, che costituisce un piccolo angolo di relax nel pieno centro cittadino.

I due ingressi stanno curiosamente ad altezze diverse perciò l’edificio si struttura su più livelli, con scale che creano un collegamento tra la parte alta di via San Saturnino e la parte bassa di Via San Giovanni. Succede spesso a Villanova!

Via San Saturnino

Via San Saturnino

Al suo interno, lo spazio è confortevole e ricco di colore, alle pareti opere di artisti e artigiani, negli spazi interni e nel cortile sedie, cuscini e tavoli progettati e realizzati a mano da designer locali.

Sedute ricavate con materiali di riciclo
Interni di Artaruga

Interni di Artaruga
Interni di Artaruga

Artaruga si trova in un palazzo di tre piani di proprietà di un privato, preso in affitto dai soggetti gestori. E già questo aspetto risulta meritevole di attenzione perchè ci fa riflettere sul fatto che non sempre per portare avanti un’attività culturale sia necessario avere in gestione uno spazio pubblico, magari concesso gratuitamente o a canone agevolato come molti operatori culturali sperano.
Un altro punto interessante del modello gestionale di Artaruga è che al momento non riceve nessun finanziamento né pubblico né privato, ma si regge sulle proprie attività.

Ma come è possibile sostenere i costi di affitto di un intero palazzo e fare attività culturale senza un sostegno pubblico? Ho parlato con Daniele Gregorini, uno dei componenti dell’associazione Urban Center, che insieme a Puntidivista gestisce lo spazio. Mi ha dedicato un pomeriggio del suo tempo, raccontandomi il loro modo di operare, al momento, senza un centesimo di contributo pubblico.
Il progetto, infatti, proviene da una rivisitazione del precedente RIVOS coworking, portato avanti dalle associazioni Libriforas e Puntidivista con il fondo Funder 35, che aveva l’intento di creare uno spazio di lavoro condiviso per gli operatori del terzo settore. Tra i coworkers presenti all’interno dello spazio c’era già in origine proprio l’associazione Urban Center che, nel momento della conclusione dell’attività di RIVOS coworking, ha preso le redini dello spazio assieme all’associazione Puntidivista, ha cambiato il nome in Artaruga e gli ha dato una connotazione più vicina alla creatività, all’innovazione e all’arte.

Le attività svolte in Artaruga sono varie: il coworking, che al momento ospita sei persone di differenti professionalità che usufruiscono di una scrivania e una connessione wi-fi, l’organizzazione di mostre, attività formative, e la promozione di eventi di vario genere fra i quali reading, rassegne cinematografiche, deejayset accompagnate da piacevoli barbecue nel cortile. Una delle sale, inoltre, ospita in modo permanente il FabLab di Cagliari, con tutti i macchinari per la stampa 3D.

La zona coworking

Una delle sale, adibita a riunioni, formazione o attività espositive

La zona caffè

La zona caffè

La stampante 3D del Fablab

Un plastico realizzato dal Fab Lab

Oltre a ciò, è di freschissima attivazione negli spazi di Artaruga il progetto hOMe. Dopo il successo della prima esperienza nel capannone industriale di Viale Elmas OM (da cui il nome del progetto), precedentemente ospitante le Officine Meccaniche di Fin Sardegna, ora è stato trapiantato negli spazi di Artaruga.

Artisti al lavoro nell'atelier condiviso
L'atelier condiviso

hOMe è un atelier condiviso per artisti, artigiani, designer e creativi alla ricerca di uno spazio di lavoro e di occasioni di confronto e contaminazione.
Qualsiasi artista, artigiano, designer o creativo può utilizzare una scrivania ogni giorno, anche in fasce orarie notturne, per portare avanti il suo lavoro, nello stesso spazio dove anche altri artisti e creativi lavorano, contribuendo con una quota mensile veramente esigua (35 euro) alle spese dello spazio. “L’importante è che quando finisca liberi la scrivania, perché in un’altra fascia oraria arriveranno degli altri artisti”. Intelligente trovata per rendere gli atelier economicamente accessibili a tutti, ma poter al contempo generare dei ricavi, necessari a gestire lo spazio coprendone i costi.


Ma generare ricavi non è né il primo né il secondo obiettivo dei gestori. Così mi fa capire Daniele Gregorini che nella nostra chiacchierata ha avuto un atteggiamento quasi zen rispetto agli aspetti economico finanziari della questione. Dalla gestione dello spazio né lui né i suoi colleghi traggono al momento alcun compenso. “Artaruga crea relazioni e crea rete. Grazie a questo spazio ho conosciuto tante persone, alcune di queste sono diventate miei collaboratori nel lavoro che svolgo all'interno dell'associazione Urban Center, altre hanno dato stimoli alla mia attività artistica e creativa”.

Ciò non significa che questa realtà non abbia le sue aree di sviluppo e non possa portare in futuro delle entrate sufficienti a dare lavoro a qualcuno dei soggetti coinvolti. E osservando quanto è stato fatto in un anno, verrebbe da pensare che quest’ipotesi sia realmente plausibile.
Al momento, infatti, molte stanze del palazzo restano ancora inutilizzate e pertanto il futuro di Artaruga presenta un ampio margine di espansione e crescita. Tra le aree di sviluppo, oltre al progetto di atelier condiviso che sta riscuotendo interesse già dalle prime settimane, anche l'attività di promozione degli artisti e la vendita delle loro opere. “Abbiamo avuto già delle richieste e venduto alcune opere realizzate qui. Non escludo che questa possa essere una strada percorribile per Artaruga”.
Insomma: la sensazione è che questo spazio sia gestito con cognizione di causa e grandi energie positive, con la volontà di non porsi degli obiettivi troppo circoscritti, ma piuttosto di stare a vedere cosa accade, assecondando un certo flusso: intendere lo spazio non come un mezzo per raggiungere degli obiettivi, ma come un organismo vivente, un ecosistema collaborativo in continua evoluzione, anche in base alle iniziative di chi lo abita.

Il cortile interno
Il cortile interno

Questa visita mi ha ricordato una frase del libro “Lo Zen e il tiro con l’arco”, in cui il maestro diceva all’allievo occidentale: “La vera arte è senza scopo e senza intenzione! Quanto più lei si ostinerà a voler imparare a far partire la freccia per colpire sicuramente il bersaglio, tanto meno le riuscirà l’una cosa, tanto più si allontanerà l’altra. Le è d’ostacolo una volontà troppo volitiva. Lei pensa che ciò che non fa, non avvenga”.
E se il non fare lascia che le cose avvengano, verrebbe da invitare gli organizzatori di Artaruga a lasciarsi ispirare, contemplando gli alberi di limoni del cortile di Artaruga.
In questo primo anno, hanno già posto le basi perché qualcosa cresca ogni giorno.
Complimenti a loro!

Contemplare i limoni di Artaruga mi ha suggerito qualche piccolo possibile accorgimento che potrebbe rendere ancora più appetibile l'esperienza di questo spazio:
1) Sistemare l'ingresso di via San Giovanni, magari seguendo qualche suggerimento degli artisti;
2) Pensare a un piccolo punto ristoro aperto al pubblico nello splendido cortile di Artaruga;
3) Estendere il coworking e il progetto hOMe nelle stanze ancora inutilizzate e organizzare delle attività formative mirate e specificamente dirette agli interessi dei coworkers, ma aperte anche a un pubblico esterno;
4) Realizzare una project room con un programma espositivo proprio, totalmente esente da noleggi e affitti, che contribuisca a dare una linea e un'identità specifica allo spazio.

Ulteriori suggerimenti potrebbero venire dalla realizzazione di un piccolo questionario da somministrare a tutti i frequentatori di Artaruga (abituali e non) non solo per verificare il livello di gradimento dei servizi attualmente disponibili, ma anche per sondare l'eventuale interesse verso attività aggiuntive possibili.
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