Francesca Sassu

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09-07-2018
ARTE e IMPRESA - due scoperte in un mondo di vetro
Avevo promesso di continuare a condividere con voi esempi di imprese che operano con l’arte e la cultura: oggi vi racconto due progetti che ho potuto conoscere a Londra!

Un pomeriggio, dopo aver percorso i 5400 metri quadrati della White Cube - la più grande galleria commerciale d’Europa – e aver passeggiato per le strade del quartiere di Bermondsey, sono incappata casualmente in un’altra galleria.
Ha dimensioni certo più ridotte rispetto al White Cube e una vocazione molto differente, ma ha destato comunque la mia attenzione.

Si chiama Glassblowing London e si focalizza sulla promozione di artisti e designer che utilizzano il vetro come materia prima per le loro creazioni.
In un periodo di transdisciplinarietà e sovrapposizioni di tecniche, materiali e linguaggi artistici, questa scelta potrebbe risultare per alcuni anacronistica, ma il modo in cui il team del Glassblowing l'ha portata avanti presenta per me più di un elemento di interesse.

Innanzitutto, la galleria si è dotata di un atelier dove sono presenti tutti gli strumenti per la lavorazione di questo materiale e dove vengono ospitati periodicamente degli artisti in residenza. Una bella commistione che rende vitale lo spazio, qualificandolo anche come luogo di sperimentazione e creazione artistica.
L'atelier è visibile al pubblico perchè è adiacente allo spazio espositivo: mentre guardavo le opere esposte, potevo osservare due ragazzi intenti nella fusione e modellazione del vetro e capire meglio il processo di realizzazione degli oggetti in mostra.
Vengono organizzati anche workshop e lezioni indirizzate a chi vuole apprendere la tecnica di lavorazione del vetro.

L'atelier di Glassblowing London (foto del sito www.cityaparts.com)

L’esposizione in corso durante il mio soggiorno è ancora in atto e si intitola LATITUDE: presenta l’esito di una collaborazione fra i due artisti James Devereux e Louis Thompson, che hanno trascorso un periodo in una residenza artistica presso le Isole Maldive (maggiori info in fondo all’articolo).

Un'immagine della mostra LATITUDE presso la galleria Glass Blowing London

Altre creazioni dell'artista londinese Louis Thompson: delle ampolle di vetro impossibili da aprire e contenenti il vetro stesso. (foto www.artsy.com)

Dunque un ulteriore elemento interessante di questo spazio, oltre all’apertura di uno studio o laboratorio interno, è la connessione con altri spazi di creazione e ricerca presenti nel mondo. Questo permette alla galleria di avere sempre nuovi bacini a cui attingere per scoprire talenti e scovare nuove produzioni da proporre nel proprio programma espositivo.

Un altro progetto imprenditoriale, che ho conosciuto all’interno del Glassblowing, è quello dei resort Soneva: una catena di alberghi di lusso situati nelle Isole Maldive e in Thailandia.

Un'immagine del Resort Soneva Fushi, nelle isole Maldive.

Uno degli alberghi di questa catena, il Soneva Fushi, ha avviato il programma Soneva Glass Studio, nell’ambito del quale periodicamente ospita degli artisti di rilievo internazionale, selezionati dal curatore del progetto, fornendo loro spazi di lavoro e materiali per sviluppare la loro ricerca e sperimentazione.

Un'immagine del Soneva Glass Studio: l'atelier interno ad uno dei Resort Soneva, nelle isole Maldive.

Anche in questo caso, come per il Glassblowing London, la selezione del resort è rivolta agli artisti che utilizzano come materiale di lavoro il vetro, tuttavia gli atelier del resort (potete vedere ulteriori immagini in questo articolo) permettono di portare avanti una ricerca artistica multidisciplinare.

Questo progetto è nato da una forte vocazione alla sostenibilità ambientale e gestionale: i ristoranti del resort, infatti, producono grandi quantità di questo materiale (bottiglie di acqua, vino e liquori) e il team di Soneva, anziché portarlo a riciclare come è consuetudine per le strutture alberghiere dell’isola, ha deciso di trasformarlo in arte e design da inserire negli spazi di tutti i resort della catena e da mettere in vendita in una galleria appositamente creata.

Ma come lo fa? Ebbene all’interno della struttura ricettiva hanno creato un vero e proprio studio artistico multidisciplinare, attrezzato anche per tutte le lavorazioni del vetro e unico nell’isola. Qui lavorano quotidianamente persone del team del resort e ogni anno 4-5 artisti rinomati vengono invitati a soggiornare sull’isola da tre a sei settimane e lasciarsi ispirare dalla natura e dalla cultura maldiviana. Gli stessi artisti insegnano agli ospiti del resort alcune tecniche, perchè possano vivere un’esperienza unica di viaggio e tornare a casa con un pezzo creato con le proprie mani.

Sia nel caso del Resort Soneva che in quello del Glassblowing London, siamo di fronte ad approcci che definirei forse “olistici” perchè non creano eccessive specializzazioni/separazioni, ma anche “ibridi” perché creano connessioni e contaminazioni tra elementi diversi: ricerca, produzione, vendita, arte, turismo, sostenibilità ambientale ed economia circolare. Rimescolano le carte e ristabiliscono i ruoli in modo meno rigido di com’era in passato, un modo maggiormente interconnesso, in cui le specializzazioni dialogano fra loro: forse conoscete esempi anche in Italia e alcuni casi in Sardegna, magari ve ne parlo una prossima volta!

Mi viene spontaneo associare questi esempi citati a un fenomeno che non ha nulla a che fare con l’arte, ma appartiene al mondo commerciale: quello dei concept store.
Se ci pensate ci sono degli elementi in comune: i concept store sono dei negozi dove vengono venduti articoli di categorie merceologiche differenti tra loro ma complementari e riferibili a uno “stile di vita”, un mood, un “concept”. Molto spesso i concept store ampliano l’esperienza tradizionale del “negozio” sia da un punto di vista architettonico e di spazi, ricreando atmosfere e universi di stile, sia da un punto di vista esperienziale, offrendo per esempio anche servizi e occasioni di intrattenimento.

E voi cosa ne pensate? Vi piace questo nuovo modo di operare? Pensate possa aggiungere qualcosa alla fruizione dell’arte o che porti solo a una sua spettacolarizzazione e impoverimento? Lo ritenete un diabolico strumento di marketing o un’aggiunta di spessore alle nostre esperienze?
Preferite questo tipo di realtà o un classico spazio contemplativo contemporaneo come la Galleria White Cube che vedete ritratta qui sotto?
Un saluto a tutti e al prossimo post!

La vastità della White Cube Gallery (l'opera ritratta è un arazzo di Beatriz Milhazes)


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