Francesca Sassu

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17-06-2019
SA/GURA - Nasce a Cagliari un nuovo progetto per la fotografia e le arti visive.

Oggi voglio proseguire la mia esplorazione degli spazi culturali indipendenti, alla ricerca di nuovi approcci e modalità gestionali scelte da chi si occupa di arte senza l’ausilio di fondi pubblici o quasi.
Sono andata a conoscere lo spazio sa/gura, inaugurato a Cagliari a maggio di quest’anno dentro le mura del quartiere Castello, lungo la stretta e intrigante via San Giuseppe.
Si tratta per Cagliari di un’antica novità: antica perché prende in eredità gli spazi e le attrezzature dello storico progetto S’Umbra, portato avanti per quindici anni da Luisa Siddi e Carlo Cioglia, novità perché si rinnova con altre energie e altri cervelli.
Un collettivo spontaneo di fotografi, artisti e poeti composto da Marcello Nocera, Veronica Muntoni, Alba Meloni e Massimiliano Caboni, ha accettato di prendere in mano la gestione di questo angolo cittadino. Hanno lavorato sei mesi per sistemare i locali e dargli una nuova identità, pur seguendo le orme dei loro predecessori.
Le attività continueranno ad avere un particolare focus sulla fotografia analogica e le arti visive e includeranno corsi e laboratori di fotografia, mostre, presentazioni e performance, ma anche supporto nella realizzazione di un progetto fotografico, sia analogico che digitale, e letture portfolio.



Di certo sa/gura parte con una eredità importante e - come lo definisce Marcello Nocera - "un grande regalo": l'intera biblioteca dell'ex s'umbra, che viene messa a disposizione del pubblico per consultazioni, scambi e prestiti e - cuore del progetto - la camera oscura, dotata di 10 ingranditori dal 35 mm al grande formato, un banco ottico, macchine fotografiche d'epoca più tutta l'attrezzatura necessaria per lo sviluppo in bianco e nero e a colori.



Spazio che per molti è sede di ricordi e battesimi di stampa, sa/gura è attualmente l'unico punto a Cagliari dove chiunque può stampare autonomamente i suoi rullini. "La camera oscura è un luogo fuori dal tempo: una volta che entri, pensi di esserci da 10 minuti. In realtà quando esci ti rendi conto che sono passate delle ore. Se la provi, non puoi fare a meno di ritornarci". Così mi racconta una componente del collettivo Veronica Muntoni, artista visiva diplomata all'Accademia di Belle Arti di Sassari. "Al momento siamo gli unici a Cagliari, ma la passione per l'analogico sta ritornando e sono convinta che nasceranno altri spazi come questo: noi ne saremmo felici" mi dice Alba Meloni". "La stampa analogica fa emergere il lavoro artigianale: ogni pezzo è unico" racconta Marcello Nocera mentre passa le dita sulle stampe realizzate dagli studenti dell'ultimo corso di camera oscura. La sua è diventata una passione quando ha smesso di essere un lavoro. Figlio di fotografi commerciali, per anni ha seguito le orme della famiglia per poi scegliere un lavoro completamente diverso e dedicarsi alla fotografia non come professione, ma come linguaggio artistico e forma di espressione.


Il nome di questo spazio non ha origini giapponesi, ma sarde: “sa gura” è la pronuncia cagliaritana delle parole sa cura, ovvero la cura; e con questa i gestori non intendono la curatela di progetti artistici, che pur si inserisce nelle loro attività, ma la cura degli animi: quella cura che attraverso l’esplorazione di sé stessi porta al cambiamento e all'evoluzione, o - per usare un termine più caro ai fondatori- alla rivoluzione.


Quella cura che per alcuni è identificata nell'espressione artistica: è per questo che autoproduzioni e produzioni dal basso saranno oggetto di un occhio di riguardo da parte del collettivo promotore. Un esempio? Libri fotografici, produzioni discografiche e - non ultime- le fanzine: piccole pubblicazioni amatoriali autoprodotte, figlie delle ottocentesche stampe xilografiche dei Press Amateurs, che a partire dalla fine degli anni Settanta vengono realizzate con la fotocopiatrice o altri mezzi comuni da ufficio.


Anche oggi, dopo la nascita dei computer e delle webzine, assistiamo a un fenomeno di recupero delle fanzine cartacee e sa/gura vuole essere un punto di distribuzione e presentazione di questa e altre tipologie di autoproduzioni, realizzate con l'unico interesse da parte dell'autore di condividere le proprie passioni (fan=fanatic, appassionato + magazine=rivista) con gli altri, trovando un suo benessere (sa cura).
In questi giorni troviamo esposta in mostra la fanzine "Stream of Consciousness" di Paola Corrias. A seguire, sono in programma altre mostre di fotografi consolidati, ma i ragazzi non mi rivelano ancora i nomi.


Da manager curiosa, ho anche chiesto loro come gestiscono questo spazio senza fondi pubblici, visto e considerato che si tratta di un locale di proprietà privata concesso in affitto. "In questi mesi di lavori per rimetterlo apposto, ci siamo quotati e abbiamo pagato l'affitto con i nostri fondi. Ora è già partito il primo corso di formazione e ne avvieremo degli altri a prezzi modici che ci consentano di coprire giusto i costi dei materiali e dell'affitto. E' inoltre possibile noleggiare la camera oscura durante tutto l'anno per attività individuali e/o di gruppo".
Loro mi dicono: "Per nessuno di noi è un lavoro, tutti facciamo qualcos'altro e veniamo qui per il piacere di tenere in vita uno spazio che è un pezzo di storia cagliaritana. Tra le possibilità future, c'è anche l'ipotesi di costituirsi in associazione e - per finanziare eventi specifici e occasionalmente - partecipare a dei bandi pubblici, senza però limitarsi a questo".
Il mio piccolo consiglio da manager? Intercettare il frequente passaggio dei turisti come una possibile fonte di entrate, magari proponendo, accanto alle riviste di settore, una mappa turistica e qualche guida della città da poter acquistare: chissà che con questi introiti non si possa finanziare una fanzine in più.


Dopo aver scattato un po' di fotografie con la mia reflex digitale, i ragazzi mi invitano a tornare a trovarli per provare a entrare in camera oscura e stampare un rullino con le mie mani. "Vedrai che ti appassionerai anche tu", mi dicono. Possibilista, ma timorosa del buio, li saluto e torno a casa. Dopo qualche giorno Marcello mi scrive: "hai dimenticato qui gli occhiali da sole".
I lapsus non sono mai un caso: dovrò tornare nella camera oscura di sa/gura se vorrò ripararmi dal sole?

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