Francesca Sassu

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Sardinia Fashion
25-06-2017
Angelica Grivel
The Light Player

MODA E FOTOGRAFIA

Dalla fotografia analogica a quella digitale, dalle polaroid ai provini a contatto, Stefania Paparelli ci accompagna in un viaggio, tutto al femminile, fatto di sogni dai colori pastello e profumi mediterranei.
Vacillo sui soliti, improbabili tacchi, ma l’appuntamento suggerisce una tenuta all’altezza. Per buona sorte, il cammino è breve: passo, invisibile agli occhi di un robusto quanto distratto buttafuori, forse con qualche ottundimento da canicola di inizio estate Sarda. Scendo i pochi gradini in via Vincenzo Sulis, una piccola arteria raffinata nel cuore di Cagliari. Varco una porta vetrata, quasi extra dimensionale, che mi immette in un luogo che sembra separarsi dalla realtà torrida di solo pochi attimi fa.

L’allestimento ricorda quello della SohoPhoto Gallery di New York, o di qualche luminescente vernissage nei Navigli milanesi: soffitti altissimi, un abbraccio ma ad amplissimo respiro tra il ruvido rustico di alcune pareti e l’effetto specchio degli smalti marmorini su altre, e luci a effetto candore dolomitico, che soffondono l’atmosfera e gli ospiti stessi. È uno spazio contenitore che, in un gioco di alternanze, fa da cornice a immagini fotografiche di alterne dimensioni e abiti da donna di ricercata finezza, musivamente distribuite. Frastornata da tanta luce e clangore di musica, metto a fuoco la formidabile situazione logistica. Tutto trasuda glam, con classe e misura. Anche i calici di vermiglio, che orlano le mani di numerosi tra i convenuti, accentuano e riscaldano l’elegante convivialità dell’ambiente.

È la serata inaugurale della nuova galleria fotografica e artistica congegnata dalla fotografa di moda internazionale Stefania Paparelli, romana per nascita, cagliaritana per scelta. Il suo è un progetto totalmente inusitato per la città, e ha in sé l’obiettivo apicale di creare qui, a Cagliari, per la prima volta, un punto di sincretismo tra fotografia, moda e arte visiva. Si chiama Donne Concept Gallery, prende il nome dall’estesissimo store di lusso che la ospita. Il programma sarà il primo step per l’attivazione di progetti che portino gli scenari di Cagliari e della Sardegna sotto i riflettori della fotografia internazionale. La galleria, dunque, da oggi, vuole diventare un centro di scambio culturale tra fotografi, tecnici e creativi del settore. La mostra d’esordio, battezzata con il nome propizio The Light Player, è a cura di Francesca Sassu. A dirimere la concretezza, invece, è la manager imprenditoriale Donatella Soro.

È Stefania stessa ad accogliermi, abbigliata di un aperto sorriso e di un bianco tailleur pantalone e giacca a pelle, che fanno tanto metropolitano. Tuttavia, con lo sguardo, rivela un’aura di fatica: l’apprensione per l’avvio del nuovo progetto e l’impegno imponente a monte della realizzazione del prodotto finale, presumo. La stringo con vigore maggiorato, o forse è lei a farlo; in questo istante sento di volerle bene, perciò le rivolgo un elogio spontaneo, che mi svetta dal cuore. Lei si schermisce con un gesto rapido della mano, tradita tuttavia da un istantaneo luccicore degli occhi. Nel condurmi con decisione verso un punto della stanza non visibile dall’ingresso, Stefania indica alcune fotografie esposte che ritraggono proprio me e realizzo d’un tratto con quante e quali sfumature differenti lei mi abbia suggellata. E poi, a seguire, innumerevoli giovani donne, modelle professioniste, loro sì, da lei fissate in immagini strepitose nel corso di due decenni di creatività e passione.

Mi fa fare gradita conoscenza della sua volitiva mamma. Imperiosamente accomodata su una opportuna seggiola, a configurarsi nel ruolo di fiera genitrice, dispensa saluti in timbro romanesco con grande entusiasmo, incontenibile nei suoi lapilli di orgoglio materno. Indossa le incredibili ottantotto primavere con il frizzante brio dei verdeggianti teen, evidente manifesto che l’eccellenza di sangue non si sbugiarda e che l’impeto vitale è uno stigma ereditabile. stefania paparelli Mi guardo intorno, senza circospezione, per una volta. Vedo un brulicare di umanità, donne e uomini di ogni foggia. In generale, l’arte di Stefania parrebbe suscitare in coloro che scivolano di foto in foto le medesime reazioni: quello che noto è un accostarsi inesorabilmente curioso e compiaciuto, ma porta con sé uno strascico come di diffidenza. È un territorio inesplorato, come se tutti si trovassero davanti a un pacco di biscotti, ma dalla confezione completamente bianca. Sono attratti da quel mondo non solo e non tutto di fashion in art, il cui uscio sono quelle fotografie, ma a un tempo temono il peso specifico e lo sforzo intellettivo che si celano sul retro di quel mondo. Appaiono, insomma, neofiti affascinati ma recalcitranti al rapimento della seduzione compiuta.

Eppure, lei, Stefania, ardita visionaria, se ti fidi, ti traghetta laddove ancora non sospetti di voler approdare. Un’opportunità per i miei concittadini e per chiunque, ancorché solo di passaggio, abbia il picchio di lasciarsi trasportare in una realtà cosmopolita e bella come una poesia aggressiva.
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